Quando si parla di “responsabilità medica” ci si riferisce alla responsabilità di tipo professionale che hanno tutti coloro che lavorano in ambito sanitario, quando esercitano la loro professione.
Inavvertitamente, infatti, anche i medici e gli operatori sanitari, loro malgrado, possono compiere dei danni a chi devono curare attraverso omissioni, violazioni degli obblighi, errori.
Tutte le volte che si verificano lesioni alla salute del paziente dovute ad azioni di vario tipo, diagnostico, assistenziale o estetico compiute dal medico o dall’operatore sanitario, anche se le cause possono essere dovute a carenze della stessa struttura in cui il paziente è in cura, scatta comunque una “responsabilità medica”.
Le cure che possono involontariamente danneggiare il paziente possono essere svolte da sia da un singolo sia da un’equipe, sia direttamente da un medico, sia da personale con qualificazioni diverse, come infermieri, o tecnici di riabilitazione: la casistica delle figure professionali soggette a “responsabilità medica” in ambito sanitario è quindi molto variegata.
L’errore medico che genera danno alla salute del paziente può essere compiuto in una qualsiasi fase del trattamento del malato, che sia questa diagnostica, prognostica, oppure terapeutica.
Quella che viene quindi chiamata “responsabilità medica” si divide in 3 categorie:
-responsabilità giuridica, come conseguenza della violazione di una norma civile o penale;
– responsabilità morale, come conseguenza della sospensione dei principi etici;
– responsabilità amministrativa-disciplinare, che avviene nel momento in cui non vengono seguiti i diversi obblighi relativi al servizio prestato, ai doveri d’ufficio o a regole deontologiche.
Ribadiamo che non basta però che l’operatore sanitario abbia commesso un errore, è anche necessario che questo tipo di condotta, colposa o imperita, sia anche ciò che ha avuto come conseguenza il danno al paziente affinché si possa parlare di “responsabilità medica”.
La famosa riforma Gelli in ambito sanitario dal 2017 ha introdotto due importanti limitazioni per alleggerire la responsabilità dei medici, che fino a quell’epoca potevano finire facilmente in tribunale tutte le volte che si fosse verificato un danno al paziente:
- è stata esclusa la responsabilità penale per imperizia, quando i medici dimostrano di essersi attenuti alle linee guida pubblicate dall’Istituto Superiore della Sanità;
- i medici che operano a qualsiasi titolo in una struttura sanitaria, in sede civile sono da ritenersi responsabili per colpa ai sensi dell’art. 2043 del Codice civile, mentre le strutture sanitarie in questione dovranno rispondere solo per quel che riguarda la responsabilità contrattuale.
La responsabilità medica però non si ferma tuttavia solo a quella civile; può avere anche conseguenze di tipo penale. Questo capita in casi particolari in cui i medici siano responsabili di lesioni o omicidio colposo, quando avvenuti durante l’esercizio della professione.
Per poterla evitare i medici, quando incolpati, per cercare di essere assolti, devono dimostrare di essersi attenuti alle regole previste dalle linee guida, o alle buone prassi clinico-assistenziali.
Proprio per la particolarità di queste professioni e per il rapporto delicato che regge la relazione paziente-medico è sempre bene, e non solo per l’obbligo di legge, che chi opera in ambito sanitario sottoscriva un’assicurazione di responsabilità civile professionale e magari anche una polizza per la tutela legale e penale.
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