Già allo scoppio della pandemia, lo scorso anno, si è iniziato a dibattere sulla necessità di uno “scudo penale” per i professionisti sanitari, per metterli al riparo da eventuali cause per azioni o omissioni tenute nell’esercizio della loro professione ,durante questo particolare periodo dell’emergenza.
In queste momenti di vita così delicati e impegnativi i medici e gli operatori sanitari si sono trovati spesso ad esercitare il loro lavoro in condizioni molto difficili, nel caos più totale senza ricevere l’esatta indicazione di chiari protocolli e procedure standardizzate da seguire.
Dopo le recenti e attuali inchieste in corso per l’accertamento delle cause dei decessi a seguito delle vaccinazioni, le richieste di ottenere uno scudo penale per il personale sanitario a contatto con la pandemia, sono divenute ancora più numerose.
Con le 3 morti sospette di 3 siciliani a seguito della somministrazione del vaccino di Astrazeneca, la magistratura ha iscritto, come da sua corretta procedura, nel registro degli indagati un infermiere e un medico per aver somministrato il vaccino, provocando, come è naturale, paura e preoccupazione in chi si trova a dover svolgere questo importantissimo compito.
Da più parti, sia dalle associazioni che rappresentano i medici, così come anche da esponenti della stessa magistratura, è stato sollevato l’appello che se da un lato è più che corretto che la magistratura faccia il suo corso, dall’altro è necessario mettere in serenità gli operatori con un intervento legislativo idoneo, in linea con i principi democratici della Repubblica e senza nulla togliere ai diritti dei cittadini, permettendo, in questa fase emergenziale, la possibilità al medico di potersi esimere dai problemi di carattere colposo.
Tra tutte le osservazioni che da più parti arrivano, spicca la voce di Federico Gelli, autore tra l’altro della famosissima legge sulla responsabilità professionale 24 del 2017 che ha riformato alcuni importanti aspetti del lavoro dei medici.
In questo quadro Gelli contesta la definizione di scudo penale.
Secondo Gelli il medico infatti non sarebbe sollevato da qualsiasi responsabilità, ma sarebbe imputato solo per casi di dolo e colpa grave, intendendo con questo termine la palese e accertata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria, i protocolli e i programmi predisposti per far fronte a questa emergenza.
Secondo l’ex parlamentare per affrontare questa emergenza, i medici hanno messo a rischio anche la propria di vita e quindi non è giusto che ora possano diventare dei capri espiatori in sede giudiziaria.
Già la legge 24 del 2017, per le professioni sanitarie, aveva avuto l’intento di intervenire, limitando il tema della responsabilità civile e penale per evitare situazioni analoghe.
E’ un processo molto complesso quello che oggi dobbiamo affrontare e come poter operare, nel migliore dei modi, è ancora oggetto di forte dibattito.
E’ auspicabile per questo una soluzione concorde per tutti: certamente la non serenità del medico, che si trova ad operare in una situazione oggettivamente complessa, assolutamente nuova e poco inquadrabile in schemi precodificati, rischia infatti di rendere più difficoltosa la tanto desiderata fine di questo quadro pandemico.