Si parla di responsabilità medica tutte le volte che si crea un nesso tra una lesione causata a un paziente e la condotta del medico che può averla provocata, in aggiunta o meno a inefficienze da parte della struttura sanitaria in cui il sanitario opera.
Il concetto di responsabilità medica è molto delicato in quanto per tutti i suoi variegati aspetti, può coinvolgere la sfera sia civile che penale.
Con la legge 24/2017, a tutti i sanitari conosciuta come leggi Gelli, la responsabilità civile del medico è stata circoscritta con l’ulteriore differenziazione tra la responsabilità extracontrattuale che prevede che la colpa del danno sia a carico del medico che opera all’interno di una struttura sanitaria e la responsabilità contrattuale che lega il danno direttamente alla struttura sanitaria.
Oltre a questa distinzione, il grado di colpa può poi essere di due tipi: lieve o grave.
Definire il grado di colpa medica è un concetto comunque difficile da affrontare.
La Suprema Corte di Cassazione ha emesso del resto diverse sentenze a seconda dei casi processuali esaminati e tenendo conto di elementi specifici per ogni situazione, per arrivare a incolpare il medico di colpa lieve o grave.
Sebbene la giurisprudenza italiana distingua tra colpa grave e lieve, il loro confine non è ben definito dalla Legge, almeno non per quello che riguarda quanto riportato nel Codice Civile, il cui art. 2236 prevede che l’esecutore risponda dei danni soltanto in caso di Dolo e Colpa Grave.
Detto questo, si parla di colpa grave quando viene appurato che il medico non ha applicato le buone pratiche, cioè i protocolli obbligatori, e quando le cause del danno generato sono negligenza, cioè trascuratezza o distrazione e imprudenza, ossia un atteggiamento avventato da parte del medico che decide di applicare una procedura nonostante fosse al corrente dei rischi per il paziente.
Qualora invece il danno al paziente sia stato creato per mancanza di abilità ed esperienza necessarie del medico, per stabilire la colpa viene valutata la situazione del caso specifico.
Il medico può essere incolpato di colpa grave anche per trascuratezza dei propri doveri o se l’evento dannoso generato era comunque prevedibile.
L’individuazione del tipo di errore medico insieme al concetto di colpa, sono indispensabili per la Suprema Corte per stabilire la tipologia del danno che dovrà essere risarcito al paziente.
Si definisce errore diagnostico la non corretta diagnosi da parte del medico, errore prognostico la non corretta valutazione del decorso della malattia del paziente e errore terapeutico quello che si manifesta quando il medico sbaglia nella prescrizione della terapia.
È quindi molto importante per un medico e per chi esercita professioni sanitarie prevedere una tutela assicurativa contro il rischio di colpa, soprattutto se riconosciuta come grave.
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